Il Diritto e il rovescio, più che altro...
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L'IILUMINAZIONE (UN GIUDICE)

Quando il saggio indica la luna con il dito, lo stolto guarda il dito, ed io mi guardo il portafoglio (aggiungeva un mio amico)

Mentre davanti a Lui esponevo le mie tesi, quel Giudice mi stava fissando con uno sguardo così vivo e penetrante che guardandolo venivo colto da brividi di torpore intervallati da spasmi di sonnolenza , mentre mi invadeva una inebriante sensazione di calma, serena e profondissima vacuità, identica a quella che avevo sperimentato per la prima volta da bambino, quando mi ero avvicinato ad una mucca e con curiosità avevo tuffato la mia anima dentro il suo silenzioso e apparentemente vuoto occhio.

Il fascino del nulla sprigiona un profondo sentimento di silenziosa e ineffabile eleganza legata ad una straordinaria armonia.

L’illuminazione ti coglie – proprio come dice Budda – quando meno la cerchi, quando meno la aspetti: d’improvviso una esaltante vertigine accompagna la mia coscienza, che ora finalmente riesce a squarciare il velo della grande illusione: quel giudice, quell’uomo non è semplicemente distratto, quell’uomo non pensa nulla, è riuscito a non pensare del tutto.

La mente fa giochi strani, divaga, viaggia nei luoghi e nelle dimensioni più lontani, più impensati, proprio mentre tu, magari, la vorresti lì, attenta e pronta a seguire l’evolversi della situazione, e così, mentre stai esponendo con lucida determinazione i motivi per cui l’ipotesi della sostituzione fidecommissoria non è applicabile alla fattispecie,   ti scopri a domandarti perché mai 3 anni fa, sul lago di Garda, ti irritasti così tanto solo perché tua figlio ti aveva rimproverato per non aver fatto benzina alla Shell, dove davano ad ogni pieno dei punti che lui raccoglieva per vincere, alla fine, un modellino di auto d’epoca.

Ma soprattutto, la mente non ti da mai tregua, quasi nessuno riesce veramente a non pensare, dentro, in qualunque momento della giornata, in qualunque frangente, ti scorrono sensazioni, emozioni, immagini, ricordi, sentimenti: pensieri, insomma, che non tacciono mai, non si fermano mai; solo una spiritualità evoluta, molto evoluta, dicono i saggi orientali, è capace di fermare il flusso dei propri pensieri.

Però, ora, invece, nello sguardo di quel giudice, io lo vedo, lo posso vedere nettamente e distintamente, i pensieri tutti si sono fermati: in questo momento il suo sguardo è lo specchio del più grande mistero dell’universo: il nulla.

Lo fisso a mia volta e rimango affascinato e impietrito, atterrito eppure attratto dall’horror vacui; la sensazione è talmente forte e pregnante che anche controparte guarda prima il giudice e poi me, e poi nuovamente quel giudice, rimanendo in sbigottito silenzio.

Ma il trascendente spesso, si sa, in questo mondo è momento rarissimo di equilibrio instabile, che viene travolto dall’accidente, e così dopo pochi secondi di incomunicabile silenzio il Giudice sembra rinvenire dall’estasi del raggiunto nirvana e solennemente dichiara: “mi riservo”.

Il momento magico è finito, la porta sull’altra dimensione si è chiusa, il paradosso del non pensiero è stato riassorbito. La forza con la quale quel Giudice si è estraniato non solo dalla causa, ma dal mondo tutto, dall’universo intero, non può derivare che da un implacabile habitus mentis di assoluta e totale indifferenza al bene e al male, al giusto e all’ingiusto, al torto e alla ragione, al diritto e al sopruso, al quale habitus si va a coniugare una profonda e convintissima filosofia del non agire, di cui quel Giudice – io lo conosco bene - è credente militante e praticante.

E poi conseguentemente al meditare sul trascendente - si sa - il tempo perde valore e significato: e quindi è naturale che i rinvii si estendano su un arco temporale di due o tre anni ciascuno, che sono meno che un soffio rispetto all’eternità del non pensiero.

E soprattutto, seguiamo il fattivo esempio di quel Giudice, smettiamo il nostro tanto frenetico quanto sciocco preoccuparsi per il contingente: meditiamo, fino a raggiungere l’illuminazione attraverso l’impervio sentiero del non agire: ci eleva lo spirito e ci conforta l’anima, tutte cose di cui – Dio solo sa quanto – noi tutti abbiamo urgente e indifferibile bisogno.

                                                                                                                            Disma Vittorio Cerruti

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